mercoledì 2 maggio 2012

IL GRANDE GIOCO DELLE SEI PORTE MERAVIGLIOSE


Concentrarsi può sembrare banale, un gioco da ragazzi, ma non sempre è così facile riuscirci.  La presenza mentale, ovvero la capacità di fissare l'attenzione su qualcosa in particolare è una condizione che si acquisisce nel tempo allenando la mente con volontà e determinazione. Spesso pensiamo di essere in uno stato di concentrazione ma il più delle volte stiamo semplicemente dividendo la nostra attenzione su realtà separate. Ci concentriamo sull'ago che stiamo infilando e allo stesso tempo percepiamo perfettamente il dolorino insistente all'alluce sinistro; la nostra attenzione è già di per sè divisa tra le due esperienze. 
Suoni, rumori, odori sono catalizzatori potentissimi della nostra attenzione. Essi sono in grado di portare alla memoria ricordi di eventi vissuti o associazioni mentali già conosciute: sto leggendo un libro e per strada scatta l'antifurto di un'auto...potrebbe essere la mia?...l'avrò chiusa quando sono arrivata a casa?...già, mi ero ripromessa di lavarla e non l'ho fatto...Laura me lo ha fatto notare l'altra sera andando al cinema...beh George Clooney non è poi  granchè...devo prendere l'appuntamento dal medico...
In men che non si dica, senza che nemmeno ce ne accorgiamo affiorano alla mente pensieri in conseguenza dei quali, partendo da un punto preciso ci si ritrova ad un tratto in una posizione diametralmente opposta.
Così mentre sto ascoltando un'amica che, affranta dal dolore, mi sta raccontando del suo gatto che, passeggiando sulla ringhiera del balcone ad un certo punto ha perso l'equilibrio, è caduto ed è passato a miglior vita...partecipo realmente al suo dolore, sono piena di compassione e sinceramente coinvolta ma...la camicetta che indossa sarebbe perfetta per la cena di addio al nubilato di Marta, chissà dove l'avrà acquistata...
E questo non solo per quanto riguarda l'attività mentale, a volte siamo in grado di trasformarci e veri e propri robot tuttofare. Spesso ci capita nel nostro affaccendarci quotidiano di inserire il pilota automatico, un meccanismo il più delle volte inconsapevole che ci permette di svolgere più azioni allo stesso tempo, anche con buoni risultati peraltro. Siamo in grado di studiare per l'esame imminente ascoltando musica e pedalando sulla cyclette, di rispondere al telefono e cucinare contemporaneamente o allacciarci una scarpa addentando un succulento panino. Da un certo punto di vista l'inserimento del pilota automatico può rivelarsi di grande aiuto ma difficilmente impareremo qualcosa da situazioni di questo genere. Passare dal pilota automatico a uno stato di consapevolezza richiederà ogni volta di  più una condizione di sempre maggiore interesse verso  l'attività che ci accingiamo a svolgere.
In oriente la mente viene paragonata ad un cavallo in fuga. Sviluppare la capacità di concentrazione è come addomesticare il cavallo. Ma si sa che domare un cavallo richiede una buona dose di pazienza, abilità, determinazione e perchè no, anche un po' di astuzia.
La prima mossa astuta da fare è un atto d'amorevole attenzione per il nostro respiro. Esso fa parte di noi, è sempre presente, a tal punto che è automatico dimenticarcene.  Così come è facile dimenticarci delle notevoli potenzialità della sua azione. La coscienza del respiro favorisce la consapevolezza di tutto il corpo, rallenta il sistema nervoso, lo calma e lo rilassa.
Le tecniche di meditazione orientali considerano nell'addomesticamento del respiro le sei porte meravigliose, sei stadi che si aprono in successione per condurre alla piena consapevolezza. Contare il respiro, inibisce il sorgere di pensieri che possono portare distrazione o, nel caso dovessero comunque presentarsi, impedisce loro di dominare la mente. Seguire il respiro, è la seconda porta. Quando il respiro entra ed esce dal corpo attraverso le narici, in esse poniamo la nostra attenzione. Fermare i pensieri quando sorgono, invitarli ad accomodarsi in una sorta di sala d'aspetto mentre noi torniamo con l'attenzione al respiro ci fa fare un ulteriore passo in avanti nel percorso di consapevolezza. La quarta porta si apre quando acquisiamo la capacità di osservare i nostri pensieri in condizione di neutralità , ovvero in assenza di giudizio, sensi di colpa, strutturazioni, barriere. Siamo qualcosa di ben diverso dai nostri pensieri, lo scopriamo quando si apre la quinta porta meravigliosa, ovvero la capacità di tornare alla sorgente e guardare la mente nel momento in cui i pensieri non stanno catturando la nostra attenzione. La porta del ritorno ci dice che non siamo effimeri, volubili, transitori, repentini, tutte qualità appartenenti ai pensieri, la porta del ritorno ci invita a guardarci con altri occhi o meglio ci invita a guardare ciò che di noi non siamo abituati a vedere,  la nostra vera immagine. 
Calma e pace, senso di unità e di armonia interiore.La sesta porta. Non è corretto pensare che si tratti di qualcosa di nuovo. Questa è una condizione che tutti conosciamo poichè ancestrale, fa parte della nostra natura, ma che semplicemente si è più o meno affievolita col passare del tempo. Forse l'abbiamo dimenticata o messa da parte a favore di frammentazioni, separazioni, mutilazioni che infliggiamo continuamente al nostro corpo.
Non è difficile arrivare alla fine del percorso e godersi la meta. Si tratta di dar vita a un cambiamento e ci si può riuscire con pazienza, determinazione ma anche e soprattutto con la volontà di mettersi in gioco, sperimentando, giocando, accettando vittorie e sconfitte, magari ridendoci un po' su, per neutralizzare il nostro senso di inadeguatezza o di onnipotenza.
Allora sì che l'arte della concentrazione potrà diventare per noi un vero e proprio gioco da ragazzi.
Annagi.

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