giovedì 22 novembre 2012

C'ERA UNA VOLTA...


Un’idea, un sogno, una fiaba, una storia da raccontare. 
Qualcosa che ha tutto a che fare col nostro tempo presente ma che grazie a queste poche parole possiamo permetterci  di osservare da un punto di vista diverso, grazie ad esse ce ne possiamo per un attimo distaccare.
Ci facciamo spettatori che si lasciano raccontare la loro storia, che è poi la storia dell’uomo, dal c’era una volta collettivo che è di tutti, al personale c’era una volta che è solo mio.
Il lavoro in campo craniale  racconta una storia. Il suo c’era una volta è la storia della vita che origina in un presente infinito  dove le forze di guarigione e la salute hanno a che fare con processi operanti nel tempo presente, non con quelli delle esperienze passate o future.
Una storia che si fa raccontare è una storia che vuole essere ascoltata, capita, compresa.
L’ascolto è il vero centro della pratica cranio sacrale.  Esso è  il primo basilare presupposto intorno al quale si articola e si sviluppa l’intera pratica.
Prima ancora della tecnica, l’ascolto di una storia così particolare, così importante, così intima, come è la storia  di un essere umano,  richiede una  totale disposizione alla quiete e all’ umiltà da parte di chi si accinge ad ascoltarla. 
 
L’operatore cranio sacrale  si forma prima di tutto nel rispetto di questi principi.  Egli dedica la maggior parte  della sua formazione professionale a una minuziosa e costante ricerca   interiore che  compie verso se stesso così come verso la stessa natura umana, verso il significato di salute, di sofferenza e di malattia.
Questo continuo percorso di consapevolezza e di crescita  si fa fulcro e punto di riferimento nel trattamento quando l’operatore si dispone ad ascoltare il racconto che il corpo del cliente fa della propria storia.
Si tratta di un viaggio spirituale che non avrà fine in riferimento al quale si delineano le premesse e le intenzioni sulle quali impostare la propria personale modalità di lavoro.
Solo se l’operatore avrà acquisito sufficiente destrezza nella relazione con la sua sofferenza e con le sue risorse di guarigione potrà essere in grado di rapportarsi con la sofferenza e le potenzialità del ricevente. 
Il viaggio dentro la condizione umana porta a soffermarsi a lungo e con attenzione sulle questioni che riguardano da vicino la natura della sofferenza, da dove essa provenga, quale ne sia la causa. Temi come la condizione primordiale, unitaria, la separazione, il successivo progressivo e costante allontanamento dal divino e il viaggio a ritroso nella ricerca dell’unità perduta sono costantemente presenti e riscontrabili nelle esperienze della vita di ogni giorno.
Con il lavoro craniale questa relazione può essere ricontattata. Attraverso di esso il sistema si allinea al presente nella ricerca del fulcro da cui origina dove le forze di guarigione fanno da guida al percorso. L’operatore si pone in ascolto e ne segue le indicazioni in totale assenza di preconcetti, di aspettativa, di giudizio, di paura. 
L'accettazione e la  sperimentazione delle sua personale storia di  sofferenza, la sua osservazione profonda, la capacità di andare al di là della paura sono determinanti nella ricorca del contatto con le proprie risorse e nella creazione di uno spazio sicuro dove esse si possano esprimere per dar luogo al processo di guarigione.
La comprensione o la disposizione alla comprensione del suo c’era una volta diverranno poi fonte di ispirazione per il sistema del ricevente. Se l'operatore cranio sacrale saprà fare questo allora potrà praticare anche la tecnica e il suo lavoro sarà completo.
Quando ci chiedono chi siamo, come ci definiamo, se operatori, massaggiatori o terapisti,  spesso si crea un po’ di confusione.
Il mio insegnate di biodinamica cranio sacrale ci chiamava space-makers. Mi è sempre piaciuta questa definizione. Creatori di spazio. 
Uno spazio sicuro, uno spazio pulito, rispettoso, sensibile, uno spazio sacro. Uno spazio nel quale il c’era una volta si ritrovi e si ricongiunga  all' adesso e ne diventi forza pregnante di guarigione.

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