mercoledì 28 novembre 2012

il fatto è ... STRINGERSI DI PIU' ...


NON E' SILENZIO.
Quando si tace davanti all'altro perché non si ha nulla da dire, in quanto lo sentiamo estraneo, indifferente, oppure lo giudichiamo, magari disprezzandolo.

E' SILENZIO.
Quando si tace davanti all'altro per preparare una parola buona, che valga più del silenzio, o quando si vuole comunicare una presenza amorosa, fatta di attenzione e di ascolto.

NON E' SILENZIO.
Quando si tace di fronte alla persona con la quale si dovrebbe parlare, mentre si preferisce parlare con altri delle cose che riguardano quella persona.

E' SILENZIO.
Quando, rimanendo in silenzio di fronte all'altro, ci si concentra, perché quello che deve essere detto giunga al destinatario in maniera più efficace. L'essenziale di ciò che si intende comunicare è il desiderio per l'altro, l'amore per lui e il proprio bisogno di incontrarlo.

NON E' SILENZIO.
Lo spazio in cui non lasciamo entrare nessun altro eccetto noi stessi, abitacolo dove risplende la nostra immagine, dove tutto è a nostra misura e noi siamo l'unico criterio di giudizio, illudendo noi stessi.


E' SILENZIO.
Il tacere innanzitutto di noi stessi, evitando di pensare altamente di noi, di ritenerci qualcosa o di valutarci per quello che non siamo e l'aderire a ciò che siamo realmente, imparando piano piano ad amarlo.

NON E' SILENZIO.
Quando ci si intrattiene chiusi nel proprio spazio di autoillusione accumulando amarezza e rancore e senso di alterità che impercettibilmente ci isolano dagli altri fino a farc i trovare effettivamente separati da loro. 

E' SILENZIO.
Quando ci si intrattiene a coltivare sentimenti di pace e ci si sforza di deporre le armi rivolte contro gli altri, rinunciando a propri punti di vista assoluti e principi indiscutibili.
(Silenzi, ombre e luci del tacere, Sabino Chialà) 


Una serata come tante, trascorsa ad ascoltare parole, alcune arricchenti, costruttive, illuminanti, altre, purtroppo, condite di arroganza, di intolleranza, di luoghi comuni e di giudizi. Ho pensato che non dovesse accadere, non lì, non in quel contesto. Così mi sono chiusa, poco alla volta, nel non-silenzio, dapprima incredula poi rassegnata, per proteggermi, perché non ho saputo trovare il coraggio di dire ciò che pensavo, di dissociarmi da quanto stavo ascoltando e di manifestare apertamente le mie perplessità e il mio dissenso.
Ho sperimentato il non-silenzio, quel non-silenzio di cui scrive Sabino Chialà e in quel non-silenzio  ho permesso, poco alla volta, anche se in sembianze diverse, alla stessa arroganza, all’ intolleranza, al giudizio di entrare e di trovare un posto dentro di me offrendomi poi loro come preda.  
Un  non-silenzio subdolo, che alimenta e nutre l’amarezza, la confusione,  la separazione.
Nel disperato tentativo di estraniarmi da quanto stava accadendo, non sono riuscita ad abbracciare il silenzio vero,  che ha a che fare invece  con la quiete.  Il silenzio  che ti fa alzare gli occhi nella ricerca di un contatto con lo sguardo dell’altro, che ti apre le braccia anziché chiuderle,  quello che ti accompagna al di là delle parole, delle mimiche, dei gesti e che  ti conduce dritto al cuore di chi ti sta di fronte.
Tornata a casa non sono riuscita a godere,  della notte, il dono prezioso del sonno. 
Ma la notte ha fatto lo stesso il suo sporco lavoro e la pioggia copiosa di questa mattina ha in ultimo lavato via sapientemente ogni inquinante lasciando dell’esperienza vissuta soltanto l’essenza.
Notte e giorno, nero e bianco, buio e luce.
Non - silenzio e silenzio.
Quando ero bambina  guardavo spesso un programma dal titolo “Oggi le comiche”. Ero fortemente attratta da una gag di Stanlio e Ollio dove Ollio ordinava a Stanlio di accendere la luce per vedere se fosse spenta. Ricordo che scatenava in me una irresistibile ilarità e che dentro di me e con gli altri ripetevo la battuta allo sfinimento. Nessun ragionamento logico e razionale era in grado di fermare il processo mentale scatenato da quell’ imperativo, come si poteva facilmente intuire dall’ espressione di desolazione impressa di rimando sul volto di Stanlio.
In una serata come quella di ieri era difficile stabilire se la luce fosse spenta o accesa.
Credo che dentro di me, così come in ogni essere, ci sia luce. A volte si tratta di una flebile fiammella, a volte è un fuoco più vivo e prorompente, altre volte una luce ferma, chiara, sicura.
Credo che il silenzio, quello vero, sappia sapientemente alimentare e arricchire questa lucee farla espandere, dentro e intorno a noi.
Di questi tempi, nei quali pare o si vuol far credere che il buio la faccia da padrone, l’unione di silenziose fiammelle sarebbe incoraggiante e confortante perché la luce, quando c'è, non può essere spenta, non è nella sua natura.
Ci si potrebbe allora incontrare e "stringersi di più",  non per "urlare contro il  cielo" ,  ma per vedere l'effetto che fa, nel magico silenzio del cielo, provare a risplendere.

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