venerdì 15 luglio 2011


"Sempre, comunque, passeggiando lungo una costa mi hanno colpito uomini e donne soli, seduti sulle rocce a contemplare il mare. Il brivido delle luminescenze sulla cresta dei flutti, il profilarsi di correnti più fonde e scure sulla superficie, l'odore della salsedine, si congiungono in una unità che assorbe e fonde.
Una vita umana intriga per l'identico motivo, per la fusione di realtà separate.
L'uomo è un mare di persone diverse: ereditate, imitate, subite, assimilate, confuse, spesso nemiche fra loro, tutte comunque riassunte nell'impressione unica e complessiva, per cui un uomo ci colpisce come una schietta individualità e tuttavia sappiamo che è un caos.
Come la distesa dei flutti. Costantemente mutevole e frastagliati, l'uno e l'altro, sempre più si conferma la somiglianza fra l'uomo e il gioco delle onde.
A contemplarla lungamente si agevola la strada verso il passato; il mare si trasforma nello specchio della psiche" (Elémire Zolla - Lo stupore infantile)


Il compito primario di una terapia è quello di riportare ordine, riconoscere il caos, i conflitti, lo smarrimento interiore e riportare l'ordine naturale dove tutte le forze agiscono in difesa e a sostegno di una condizione di salute e di benessere. Per questo nel mio lavoro preferisco focalizzare l'attenzione più sulla salute che sul sintomo o sulla malattia. Per questo considero il mio lavoro non una terapia ma uno strumento di ricerca di quelle forze intrinseche al corpo che meglio di chiunque altro conoscono la strada e le modalità di accesso alla guarigione peculiari a ciascun individuo.
Purtroppo molto spesso nella nostra cultura questo compito non è facilitato, anzi viene spesso contrastato o non compreso. Siamo così attenti al sintomo e alla sua immediata espressione, che perdiamo di vista la causa vera che induce il corpo ad ammalarsi. Siamo ormai abituati a considerare la malattia come qualcosa di cattivo, qualcosa da cui necessiti liberarci al più presto, qualcosa che ci invade, che ci paralizza, che alla sua manifestazione estrema è persino in grado di distruggerci. Essa è oltremodo oggetto di vergogna, una macchia che deturpa lo specchio luccicante della nostra megalomania. E' inevitabile dunque che la ricerca si orienti sempre più verso rimedi subitanei, quanto più immediati, che si rendono sempre più artefatti, sempre più distanti dalla natura umana.
Se fossero la malattia, la sofferenza, la morte stessa, manifestazioni della profonda saggezza del corpo alle quali rivolgerci in contemplazione per ristabilire un più profondo contatto con il vero significato dell'esistenza?
Se così fosse una "terapia" potrebbe assumere il senso di un accompagnamento spiritualmente muto ma consapevole e attento in un percorso di guarigione. Una sorta di viaggio, dall'esteriore all'interiore, dalla vita ad una specie di morte, da un andare avanti a un andare indietro, da un tempo in movimento ad un tempo statico, dall'io al sè. E poi minuziosamente un percorso a ritroso, un cammino di ritorno, dall'interno verso l'esterno, dalla morte alla vita, dal mondo all'indietro al mondo in avanti, dall'immortalità alla mortalità, dall'eternità al tempo, dal sè al nuovo io. Un viaggio esplorativo di modi e di mondi che fanno parte di noi e ci formano dei quali ignoriamo la vera essenza. Percorrerli può significare prenderne coscienza, risvegliare la coscienza alla realtà del presente. E' così che ci rendiamo potenzialmente capaci di recuperare le nostre peculiari energie e possiamo provare a prendere in mano le redini del nostro destino. Ci possiamo aprire a nuove prospettive, a nuove informazioni e usarle per dare vita al cambiamento.
In questo viaggio esplorativo l'obiettivo è la ricerca della salute, di quella forza in grado di riportare ordine. Nella mia cassetta degli attrezzi ripongo strumenti diversi capaci di dare spazio e valore alle risorse personali e di risvegliarle ad una nuova dimensione che abbia la forza di andare al di là delle difficoltà, delle incertezze, degli ostacoli, delle paure, di comprendere il caos.
Nella mia cassetta degli attrezzi ci sono denti di cinghiale, tartarughe di giada, mattoni, coni di artemisia, punte di quarzi, ma soprattutto vorrei che ci fossero sempre le mie mani, il mio silenzio interiore, il mio cuore.

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