mercoledì 7 settembre 2011

MANEGGIARE CON CURA

L. riposa tranquillo nella sua culla, sono passati pochi giorni dal suo primo complimese. Sto seduta difronte a lui, a debita distanza, contrattata con meticolosa pazienza nei primi venti minuti del nostro incontro. La mamma siede di fianco a me e mi fa da testimone nel trattamento di craniosacrale. Nei primi incontri, con i bambini è difficile che si arrivi subito ad un contatto fisico, c'è bisogno di molto tempo per organizzare uno spazio di lavoro che sia al tempo stesso contenitivo, rispettoso, sicuro e non invadente. Si passa molto tempo in contemplazione, nell'ascolto totale del corpo e delle sensazioni che rimanda e nell'osservazione attenta e meticolosa dello spazio sacro del ricevente.



L. è un bellissimo bambino e come tutti i neonati ha su di me un effetto particolare, sintonizzarsi col loro respiro è una meditazione d'effetto che mi porta indietro nel tempo verso chissà quali luoghi e quali vissuti lontani.
Ma ciò che più mi ha sempre attratta nei neonati sono i piedi, così minuscoli rispetto al resto del corpo eppure così presenti ed attivi. Anche nel sonno profondo L. di tanto in tanto li muove, a scatti, e ho l'impressione che sia proprio attraverso di loro che L. organizzi il nostro incontro. Senza toccarli, semplicemente osservandoli, percepisco chiaramente quando avvicinarmi, quando allontanarmi o quando e quanto restare. A volte si rilassano, a volte tornano vigili, altre volte mandano in esplorazione le dita che si muovono, si allungano, si stropicciano. Se L. rilascia nel volto un accenno di sorriso, i suoi piedi si aprono e divengono rosei, la pelle si fa liscia e mostra appena le minuscole linee che la attraversano, se invece il suo viso si fa scuro, se d'improvviso il suo corpo tutto si contrae, allora anche i suoi piedi si accartocciano, diventano rossi quasi viola finchè  le sue gambette non scalciano via, attraverso di loro, l'elemento disturbatore.
Se mi capita di prendere in braccio L. prima o dopo le sedute o di intrattenermi con lui mentre la mamma lo tiene tra le braccia, la prima cosa che faccio è prendergli i piedi, è un gesto istintivo. Lo saluto, gli parlo,  lo guardo toccandogli i piedi, e in un attimo non servono più le parole.
Chissà quale mistero dietro questo istinto, non è così, può far sorridere, ma non è un gesto che mi viene naturale quando mi intrattengo con una persona adulta...
Chissà, forse anche questo gesto istintivo fa parte delle tante cose preziose che col tempo siamo andati perdendo e chissà come sarebbero le relazioni e il mondo se fossimo ancora capaci di farlo.
Forse per questo mi piace tanto "covare", forse mi riporta a qualcosa di molto prezioso, da maneggiare con cura, qualcosa che arriva da molto lontano, dallo spazio e dal tempo del cielo anteriore.

2 commenti:

  1. Mamma mia, sempre da brivido. Che fortuna che hai a lavorare con questi bimbi!

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  2. Davvero una fortuna poter lavorare con i bambini. Non male l'idea di salutarsi con i piedi ;)

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